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La dimensione dell’invisibile è una particolare forma di conoscenza che attraversa le diverse culture e in particolare appare come un aspetto che si riverbera nelle pratiche di cura delle terapie cosiddette tradizionali e che ritroviamo presente e potente nelle consultazioni etnocliniche.
Andare verso l’invisibile appare indispensabile per cogliere, interpretare e accostarsi alla sofferenza che vivono i pazienti stranieri autoctoni incontrati nelle consultazioni, ma consente anche un arricchimento critico dei nostri approcci e teorie, e una rivisitazione delle terapie dell’anima.

La giornata propone alcune riflessioni sul fenomeno della proiezione, maturate in anni di lavoro e di condivisione, a partire dalla pubblicazione in italiano del testo di Marie Louise von Franz Rispecchiamenti dell’anima fino ai Quattro saggi che lo commentano.

Più dell’epoca precedente e molto più di quelle successive il Medioevo é caratterizzato da un linguaggio e da una mentalità simbolica che pur nella varietà di stili e rappresentazioni possiede una coerenza e una omogeneità sorprendenti.
L’analisi delle simbologie presenti nell’arte romanica, in particolare nella scultura, non é semplice rievocazione storica di significati e forme sepolte dal tempo, ma risulta di una sorprendente modernità e attualità psichica.
Ne emerge un linguaggio che é il “nostro” linguaggio profondo, quello attraverso cui si esprimono le fiabe e i sogni, composto però anche da forme archetipiche che vanno oltre il tempo e i luoghi, come ad esempio configurazioni numeriche che sono rappresentate nella loro qualità psichica (in particolare il motivo del due).
Dalle sculture romaniche emerge inoltre un tessuto di mitologie popolari che dovevano essere sostituite dalle forme cristianizzate, le quali paradossalmente hanno finito con il proteggerle e conservarle nel tempo.

Nonostante la società di oggi sia in continuo e veloce cambiamento esiste ancora un pensiero collettivo dominante sulla vita, sul microcosmo “corpo umano” e sul macrocosmo “pianeta terra”.
Il pensiero di fondo delle società così dette civilizzate poggia sull’idea mitica dell’eroe onnipotente e dominatore del proprio destino, della vita e del mondo in cui abita. Anche gli animali, acerrimi nemici di questo mito, sono stati imprigionati, ridicolizzati, sfruttati, asserviti ed alcuni sterminati.
Nell’ecologia psichica questo atteggiamento è percepito come pericoloso e distruttivo e i sogni lo stanno spesso ad indicare. Fare ricerca sugli animali nei sogni vorrebbe avere l’intento di mettere dei piccoli semi che possano nel tempo far maturare nuovi atteggiamenti nella coscienza.

Joseph Campbell, appassionato studioso di religioni, mitologia e antropologia, si è più volte soffermato sul mito del viaggio dell’eroe. Quest’ultimo rievoca l’archetipo del rito di passaggio che prevede margini da superare e che descrive le fasi di separazione, iniziazione e ritorno. L’incontro si propone di entrare in questo affascinante tema lasciandosi condurre dalle riflessioni dello studioso integrate nella prospettiva junghiana, attraverso i concetti di inconscio collettivo e archetipo. Verrà poi proposto un esempio di ciclo eroico tratto dalla mitologia greca e intrecciato ad esempi clinici, che suggerisce quanto la mitologia sia importante per decifrare il linguaggio della psiche e che rinnova l’appello che ciascuno di noi sente dentro di sé ad intraprendere la strada dell’individuazione.

Benché nell’immaginario antropologico il sangue appaia in una ricca e articolata varietà di contesti e possibili valenze, nel sogno la gamma di immagini è al confronto sorprendentemente ridotta: macchie nell’ambiente, prelievi per esami e trasfusioni, effusioni spontanee o da ferite. La ricerca ha puntato ora l’obiettivo sull’emergere nei sogni della contrapposizione tra sangue e carne, materia fluida e coagulata, e sul loro problematico e misterioso ricongiungimento, tema che già si ritrova nel rito eucaristico. Si tratta di una conversazione aperta a tutti gli interessati, destinata anche a mettere al corrente chi già non lo fosse sui metodi e sugli intenti della ricerca.

Se c’è un evento attorno al quale tutta l’esperienza e la ricerca di un paziente sembra ruotare, questo è il suo “trauma”. Ferita personale, avvenimento senza immagini che ripetutamente si occulta e nello stesso tempo si presenta esponendo l’individuo (e il terapeuta) all’invisibile. Questa frattura, che crea una “morte parziale” nella stessa vita, non ci lascia mai, divenendo anzi quel tempio personale e privato dove ognuno, nel proprio piccolo, “vede” il grande. È nella propria ferita infatti che inizio e fine, angelico e demonico, bestiale e sublime, nascita e morte ci interrogano, per avere una risposta al contempo personale e trans-personale. Non è esagerato quindi dire che le immagini simboliche che si presentano nella breccia e la loro finalità creativa non si possono alla fine comprendere nel loro significato (psicologico e oggettivo), se non attraversando il senso del trauma. Al di là dei pazienti queste questioni interrogano quindi la formazione e la personalità dello psicoterapeuta, le sue problematicità di fondo, per arrivare ad indagare fino a che punto lui e la sua stessa analisi si permettano di arrivare a tale fondo. La riflessione inizierà con “Filottete”, eroe di una tragedia scritta da Sofocle nel 409 a.C., procedendo con alcuni passaggi della vita di Jung e con alcuni sogni di pazienti.
Filottete ferito a Lemno: lekythos attico a figure rosse del 420 circa a.C. (Metropolitan Museum of Art)

“Il principio su cui si fonda ogni civiltà si trova al livello della sua creatività artistica, nei suoi progressi estetici, nella produzione di valori non materiali e nella garanzia della libertà individuale che rendono significativa e piacevole la vita di tutti i cittadini,nel quadro di un equilibrio di potere equamente ripartito tra i sessi. Il neolitico europeo non è stato un tempo ‘prima della civiltà’, è stato invece una vera e propria civiltà nella migliore accezione del termine”, Marija Gimbutas.
“Statuetta della Grande Dea, c.a. 6000 a.C.”, Tratto da The Language of the Godesse.

Riprende l’attività del gruppo di ricerca Arte e Psiche che si concentra sull’arte al femminile. I relatori parleranno di Camille Claudel (1864-1943), figura importante e problematica dell’arte della fine del XIX secolo.