I Moduli Didattici 2022-23

Il termine funzione trascendente designa un fenomeno psichico tra i più importanti, se non centrale, nel pensiero di Jung. Esso indica un processo di simbolizzazione che avviene con l’ausilio sia della parte conscia sia di quella inconscia dell’individuo, e che è capace di trasferire energia psichica da un punto ad un altro punto, con guadagno di senso. Questo fenomeno permette di ipotizzare quella capacità autopoietica della psiche che starebbe alla base di ogni fenomeno individuativo.
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In forma sia formativa che esperienziale verrà introdotto e discusso il tema della proiezione, intesa come fenomeno sincronistico che crea le relazioni, le costella, le complica e le trasforma. Nel processo analitico è molto importante conoscerne la dinamica, saperla distinguere grazie ai sogni propri e del paziente, seguirne l’andamento. Verrà fatto riferimento ai testi di C.G. Jung e M.-L. von Franz, La psicologia della traslazione e Rispecchiamenti dell’anima.
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Secondo la concezione di C.G. Jung dell’analisi come procedimento dialettico, si presterà attenzione ai sogni che fanno riferimento al processo terapeutico. Sognare la terapia, le sue diverse fasi o le sue modalità, sognare la stanza dell’analisi, gli oggetti, la figura del terapeuta o l’atmosfera della relazione tra paziente e analista sono alcune delle immagini che possono nascere nel campo analitico e raffigurare l’evoluzione di un procedere. Altrettanto indicativi per il lavoro terapeutico si rivelano i sogni dell’analista sul paziente e sulla specifica relazione terapeutica. Attraverso un confronto di esperienze tra i partecipanti al seminario, ci si potrà interrogare su alcuni aspetti della prassi del lavoro analitico in un setting junghiano, come ad esempio, le reciproche relazioni di transfert, la qualità complessa di questi processi, i fattori che ostacolano o favoriscono la trasformazione e il mistero che promuove i processi di cura e guarigione.
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Il corso si propone di gettare uno sguardo di insieme sulla vita e sull’opera di C.G. Jung, intimamente connesse, seguendo il filo rosso della sua esperienza umana e psichica e cogliendone i momenti salienti.
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Il terzo volume del Mysterium coniunctionis è dedicato alla pubblicazione dello studio che M.-L. von Franz riserva all’Aurora consurgens, testo alchemico che Tommaso d’Aquino riceve in rivelazione negli ultimi giorni della sua vita. Il capolavoro di von Franz rimanda in modo stringente alle visioni che Jung ebbe nel 1944 e amplifica, esemplificandolo, il tema delle nozze sacre. Purtroppo, non è ancora tradotto in italiano, ma viene riassunto nel volume Alchimia pubblicato da Boringhieri. Il corso vuole ascoltare questa testimonianza, accostandola e studiandone parti del testo, per concludere le riflessioni dedicate al tema della congiunzione tra opposti.
[7 moduli]

Scrive Jung nel 1944: “I trattamenti psichici giungono ad una ‘fine’ in tutte le possibili fasi dello sviluppo, senza che si abbia contemporaneamente la sensazione di aver raggiunto un ‘fine’”. Una cosa è il trattamento psicoterapeutico, altra è il confronto dialettico tra coscienza e inconscio. Pur non negando il valore del raggiungimento di un buon funzionamento dell’Io, Jung lo considera solo come uno degli obiettivi possibili del processo di sviluppo globale dell’individuo. Saranno analizzati la funzione dell’analista nel processo individuativo e, con il contributo di altri autori, alcuni aspetti correlati alla conclusione della relazione analitica, quali la dipendenza, la separazione e la solitudine. Nel percorso ci faremo guidare dalla leggenda di Assuero, l’Ebreo Errante, l’eterno viaggiatore.
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Per spiegare ad un suo allievo cosa fosse la Buddhità, Baizhang (VII sec.) disse: “È come se cercassi un bue mentre lo stai cavalcando”. Nella tradizione Zen c’è una famosa serie di dieci illustrazioni molto antiche note come “le icone del bufalo” che rappresentano le tappe di un itinerario spirituale. Non se ne conoscono le origini, ma si possono osservare camminando intorno ad alcuni templi in Cina, in Giappone o in Corea. Esse narrano la storia di un uomo semplice e sincero alla ricerca di un animale, un bue, un toro o un bufalo, attraverso un sentiero lungo, tortuoso e misterioso. Osserveremo queste immagini da una prospettiva junghiana: l’uomo come rappresentazione dell’Io e il bufalo come rappresentazione del Sé.
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Nel libro Le fiabe del lieto fine sono riunite sette lezioni che Marie-Louise von Franz tenne all’Istituto Carl Gustav Jung. Il titolo originale della raccolta, Il significato psicologico dei motivi di redenzione nella fiaba, si riferisce alla redenzione come liberazione da maledizioni, trasformazioni e incantesimi. Il motivo, per esempio, della possessione da parte di forme animali, a sangue freddo o caldo, e le pratiche per liberarsene, ci permette di riconoscere l’effetto del complesso e i rapporti di forza tra l’energia psichica che il complesso richiede e le esigenze del resto della personalità. Il testo è prezioso poiché nasconde tra le righe le tracce di un fare terapeutico dove si possono capire meglio la funzione del simbolo e dell’amplificazione, del contenimento, della comprensione e della riflessione, o di quelle procedure terapeutiche attraverso cui si tenta di mettere mano al difficile equilibrio tra istinto, complesso e archetipo.
[4 moduli]

I motivi dei miti di creazione appaiono nella vita, nei sogni e perfino in alcuni sintomi, ogniqualvolta nell’inconscio si prepari un progresso fondamentale della coscienza sia che si tratti di un aumento di consapevolezza o di una ristrutturazione della propria visione di sé e del mondo. Sono anche narrazioni che offrono una chiave per entrare in contatto con le emozioni e i sentimenti che accompagnano ogni nuovo inizio e ogni nuova creazione. Nel seminario saranno dunque proposti miti e immagini che attengono al motivo della nascita della coscienza e ai suoi processi di differenziazione che, come ci ricorda Marie-Louise von Franz, raccontano con il loro linguaggio pieno di emozione l’origine e i misteri della creatività e della vita.
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Scrive Emily Dickinson: “Quando la luce sparisce […] O è l’Oscurità che si modifica. O qualcosa nella vista si adatta alla Mezzanotte. E la Vita prosegue quasi dritta.” L’oscurità spaventa, affascina, è terrificante, è necessaria e va illuminata, sapendo che quando facciamo luce da qualche parte altre zone entrano in ombra. Il buio rappresenta l’inconscio, l’Ombra, il male, la non conoscenza, la depressione, l’impotenza della ragione, ma nell’arte il regno delle ombre è popolato da immagini; in natura, l’usignolo canta solo di notte e la violaciocca notturna, le ninfee e la bella di notte sbocciano solo col buio. Nella mitologia, nelle fiabe e in letteratura troviamo numerosi esempi di eroi, eroine, protagonisti o protagoniste che si interrogano o hanno a che fare con il buio; ne prenderemo in esame alcuni. Il corso comprenderà una visita di gruppo al percorso “Dialogo nel Buio” dell’Istituto dei Ciechi a Milano.
[4 moduli, più visita al percorso Dialogo nel Buio]

L’attenzione che prestiamo all’inconscio e ai suoi processi può a volte portarci a trascurare l’importanza della coscienza. Jung considerava la coscienza uno specchio indispensabile in grado di rimandare all’inconscio stesso e al creato in generale il frutto dei nostri tentativi di riconoscere e dare forma al senso. Il rapporto di reciproco rispecchiamento o ‘mirroring’ tra coscienza e inconscio e tra la nostra umanità e la divinità è di fondamentale importanza nel processo individuativo proposto da Jung.
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La “Grande Madre” è la divinità primordiale. Nell’arte del Paleolitico la figura femminile è rappresentata da statuette chiamate “Veneri”. Il suo corpo è la sua magia, recipiente di tutta la vita umana. Attraverso l’archeologia, la mitologia, i segni e i simboli, faremo un cammino verso l’origine della cultura europea nella quale era centrale il femminile nella visione del sacro. “La stupefacente ripetizione di associazioni simboliche nel tempo e in tutta Europa su ceramiche, statuette e altri oggetti di culto mi ha convinta che si tratta molto più che motivi geometrici: devono appartenere a un alfabeto del metafisico.” (Marija Gimbutas)
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La psicologia junghiana si colloca all’interno della psicologia del profondo in maniera originale, ma non incongruente; le sue diversità e le sue affinità non si esauriscono sul piano teorico, ma investono la pratica clinica. Lo specifico junghiano impronta la gestione del primo contatto, si continua nella raccolta dell’anamnesi, ispira la formulazione (o la ricusazione) della diagnosi, determina l’impostazione del setting e la formulazione del contratto terapeutico. Concetti comuni alla psicologia del profondo quali – ad esempio – elaborazione delle difese, rinforzo dell’Io, esplorazione all’inconscio, nella clinica junghiana assumono coloritura specifica nel lavoro sulla Persona, sull’Ombra e con i sogni. La singolarità di paradigma non sottrae la clinica junghiana allo stile della psicologia del profondo, ma aggiunge specificità alla cura psicoanalitica.
[4 moduli]

La apparente assenza di metodo nella psicologia analitica può disorientare chi inizia a lavorare in questo ambito. Questo corso permetterà di coniugare le differenze individuali di alcuni terapeuti con l’unità del paradigma junghiano.
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“… il concetto di ordine non è identico a quello di senso”, scriveva Jung nel 1959 a un collega. Il testo Ricordi, sogni e riflessioni è un’autobiografia che trascende l’ordine storico, ma segue linee di senso che attraversano tutta la biografia di C.G. Jung. Non rincorre la precisione degli avvenimenti, ma “solo la sostanza spirituale della sua esistenza di vita”, l’unica della quale, a lui pareva, valesse la pena parlarne. Se leggiamo il libro attraverso questa lente, troveremo un ordine e soprattutto un senso, che lui dice essere“un’autorealizzazione dell’inconscio”.
[6 moduli]

Jung considera l’inconscio non solo come custode del passato ma anche come custode del futuro in quanto creativo produttore di simboli. Il simbolo, contenendo un’apertura alle possibilità, si fa portatore di progetto; e le progettualità individuali, non sempre e probabilmente solo in condizioni particolari, si intersecano con altre progettualità, determinando trasformazioni culturali. Gli uomini trasformano la cultura e dalla cultura vengono trasformati. Il corso si occuperà di alcune nuove costruzioni simboliche e della loro attualizzazione nella storia studiandone i riflessi dal punto di vista psichico; si avvarrà inoltre del contributo di esperti del mondo culturale.
[6 moduli]

L’esperienza depressiva si connota come un evento trasversale, costitutivo della psiche umana. Che si differenzia per intensità e territorio espressivo: dalla tristezza come emozione/vissuto, al lutto, fino alle diverse espressioni cliniche. Il concetto di continuum è pertanto applicabile anche al contesto depressivo, approcciabile pertanto da più ottiche: psicologica, psicodinamica, clinica, terapeutica.
[4 moduli]

L’interruzione non concordata di un percorso terapeutico da parte del paziente è un evento che gli psicoterapeuti incontrano nella loro storia professionale, che si accompagna spesso ad intensi movimenti controtransferali, a domande del terapeuta – consce e non – sul significato dell’evento, sul setting, sull’errore, sulla qualità della relazione terapeutica intercorsa. Con modalità interattiva si cercherà di analizzare diverse situazioni di drop out clinico particolarmente in quest’ottica.
[4 moduli]

Nell’ambito dei servizi e dell’organizzazione della riabilitazione psichiatrica odierna, il modello biopsicosociale della patologia mentale privilegia di fatto gli interventi medico-farmacologici e, per quanto riguarda la psicoterapia, quella rivolta allo stimolo cognitivo e comportamentale, mettendo in secondo piano le psicoterapie introspettive orientate dinamicamente, caratteristiche della psicologia del profondo. I moduli proposti vogliono, al contrario, mettere in evidenza l’utilità e l’efficacia dell’approccio junghiano alla malattia mentale, illustrandone la metodologia applicata in alcune comunità terapeutiche psichiatriche, in particolare orientate al trattamento dei disturbi di personalità, i disturbi dell’alimentazione e le psicosi schizofreniche. Verrà anche evidenziato l’utilità dell’approccio psicoanalitico nel lavoro delle equipe terapeutiche delle comunità psichiatriche.
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Tre incontri sulla depressione prendendo come riferimenti il mito greco di Demetra e Persefone e il mito giudaico/cristiano nel racconto di Thomas Mann Giuseppe e i suoi fratelli.
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È sempre più frequente incontrare persone che chiedono aiuto perché provano un senso di vuoto psichico. Faticano a contattare emozioni e significato e si dichiarano incapaci di accedere alla ricchezza della sperimentazione sia nella vita che nel lavoro psicologico. Il corso si propone di rilevare le cause individuali e collettive del problema ipotizzando percorsi che, riattivando la capacità di sostenere tensioni psichiche, aprano la strada al lavoro trasformativo
[6 moduli]

[3 moduli]

Concludiamo quest’anno l’esplorazione “a ritroso” dei reami del creato, alla ricerca della loro “presenza” nel nostro mondo psichico. Il regno minerale rappresenta l’organizzazione più antica dell’Energia e della Materia e in quanto tale permea e modella i diversi piani energetici che costituiscono l’Uomo.
[3 moduli]

Lavorare con le coppie non è un semplice aggiustamento del lavoro in individuale, ma richiede uno sguardo e una teoria che, oltre l’intrapsichico, metta a fuoco la relazione di incidenza reciproca tra il soggetto e il mondo, e tra i due soggetti del legame. Nella proposta della Psicoanalisi della Relazione, i due della coppia vengono supportati ad affrontare la crisi come espressione di sé e del proprio divenire, di cui rendersi responsabili per superare la sofferenza, al di fuori di una logica correttiva, normalizzante o di mediazione famigliare.
[3 moduli]

Devereux è considerato il padre della etnopsichiatria moderna, dopo il lungo periodo coloniale in cui questa disciplina è stata attraversata da grandi contraddizioni. Tobie Nathan è il primo e principale interprete di un pensiero e di una pratica clinica nuova che affonda le radici nelle intuizioni del suo maestro, ma arriva a sintesi originali e ad altri orizzonti nella cura. Marie Rose Moro a sua volta sviluppa, soprattutto nel campo della cura delle famiglie e degli adolescenti, uno sguardo innovativo nella etnoclinica. Proveremo a conoscere e seguire questi maestri attraverso i loro testi principali.
[3 moduli]

Si affronterà il tema del trauma intenzionale in contesti migratori, in particolare nei luoghi deputati all’accoglienza di rifugiati. Si rifletterà insieme su come gli effetti del trauma possano contaminare le relazioni tra operatori dell’accoglienza e accolti e dell’importanza di riconoscere il substrato personale, politico e archetipico alla base di queste relazioni. Verrà condiviso il lavoro di presa in carico psicologica di un nucleo familiare all’interno di un setting creato ad hoc in un centro di seconda accoglienza, analizzandolo a diversi livelli, dalla prospettiva della psicologa e da quella del mediatore linguistico-culturale.
[2 moduli]

Nell’esperienza delle consultazioni svolte a Verona da Metis Africa nel tempo si è affermato un approccio che coniuga i metodi della scuola francese del Centro G. Devereux di Parigi (con T. Nathan e N. Zajde quali principali capisaldi) con il pensiero della psicologia analitica. Jung spazia fin nei suoi primi scritti con spunti, riflessioni e confronti in varie culture non solo europee e così anche M.-L. von Franz approfondisce i contributi che vengono ad esempio dalla cultura orientale e cinese in particolare. “Se non mettiamo in discussione i pregiudizi di fondo della nostra civiltà, non riusciremo mai a comunicare con altre civiltà”, scrive von Franz, e Jung nel 1939 parla di come risanare una donna affranta dal panico ricongiungendola alle radici religiose della sua origine; lo studio della proiezione inoltre deriva dalla relazione del soldato nigeriano Oji con l’albero che porta il suo nome e che può chiamarlo a sé. In questo incontro si affrontano le convergenze degli sguardi a partire dalla clinica trattata nelle consultazioni.
[3 moduli]

Testi fondamentali per poter comprendere le differenze tra le varie forme di coscienza, di civiltà e di cura sono quelli offerti dall’etnologo franco-algerino Jean Servier, che ha compiuto un singolare itinerario di ricerca e di studi: dalla traduzione del De Magiadi Cornelio Agrippa è passato a studiare e interagire con molte culture altre, di cui ci offre ampie prospettive. Infine è approdato a Eranos, dove ha potuto incontrare l’ultima tappa di un coerente cammino. I suoi interessi coincidono in modo soprendente con le tappe della nostra formazione, e la arricchiscono.
[2 moduli]

Illustrerò il tema con l’aiuto di esempi di casi seguiti nelle consultazione di etnopsichiatria del Centre Devereux di Parigi.
[3 moduli]

Di cosa si sostanzia la pratica terapeutica? Dalle medicine tradizionali impariamo, accanto al valore degli esseri, degli antenati e delle presenze, il valore delle “cose”: degli oggetti attivi, dei feticci, degli amuleti, che tuttora fanno parte delle pratiche di guarigione e dimostrano la loro efficacia.
[3 moduli]

Dopo la formazione specifica rivolta alle tematiche etnocliniche, questi moduli sono l’occasione di un laboratorio attivo su casi particolari da affrontare in maniera condivisa.
[3 moduli]

La crisi della relazione fra l’uomo e la natura vista attraverso la rilettura del mito di Artemide e dell’episodio di Atteone.
[3 moduli]

Negli ultimi anni molti operatori del campo psicologico hanno mostrato interesse per la pratica della Sandplay Therapy: si tratta infatti di un metodo ricco di potenzialità sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico. Saranno discusse alcune potenzialità di questa terapia, inaugurata a Zurigo da Dora Kalff, allieva di C.G. Jung e del maestro zen Suzuki, studiandone le potenzialità individuative, cliniche ed etnocliniche.
[3 moduli]

L’esperienza della trasformazione è l’essenza del lavoro psicoterapeutico e dei processi creativi. Per approfondire questi aspetti, si propone un’attività laboratoriale in cui creare fogli di carta partendo da materiali umili e di scarto. La fibra vegetale della carta ha la capacità, se disciolta in acqua, di assumere una nuova forma ed essere così rimessa in circolo e riutilizzata. I fogli fatti a mano conservano l’impronta del gesto creativo, della nuova formazione ottenuta attraverso il lavoro con il telaio. Gesti semplici e rituali che legano insieme il filo del pensiero e quello del cuore.
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Tre giornate di laboratorio teatrale, con giochi, esercizi e improvvisazioni. Elementi fondatori del collettivo: la fiducia in se stessi per esistere nel gruppo; il protagonista, l’antagonista e la nozione di conflitti creativi; la socializzazione dei conflitti; la creazione di scene teatro forum. Alla fine della terza giornata, confronto, condivisione del lavoro prodotto in interno con un pubblico invitato. Dibattito teatrale interattivo su alcuni temi emersi durante il workshop.
8 moduli

“… il colore è il tasto, l’occhio il martelletto. L’anima è un pianoforte con molte corde.” (Kandinskij) Shakespeare diceva che “l’uomo ha la musica in sé stesso” ed è per questo che esso vi ritrova subito un’eco. Come le note anche i colori sono in grado di comunicare direttamente con l’anima, che è ciò che siamo e che ci connette ancestralmente al profondo. Colore e musica ci parlano e così anche noi, attraverso di loro, possiamo comunicare in modo profondo ed istintuale, in un incessante dialogo tra dentro e fuori. “La musica è la lingua dello spirito. La sua segreta corrente vibra tra il cuore di colui che canta e l’anima di colui che ascolta”, di queste parole di Khalil Gibram faremo esperienza. Dialogheremo attraverso suoni e colore, che diverranno le nuove parole del nostro dire, gli strumenti di un inedito esperimento di ascolto.
[3 moduli]